I telescopi potenziano le capacità dell’occhio in due modi
-consentono di ingrandire le immagini degli oggetti osservati
-raccolgono una maggior quantità di luce, in ragione del maggior diametro (rispetto ai 6-7mm della pupilla umana)
L’ingrandimento consente di vedere dettagli non percepibili ad occhio nudo (crateri lunari, dischi planetari…), mentre la maggior raccolta di luce rende visibili oggetti troppo deboli per l’occhio nudo (stelle deboli, nebulose, galassie…). Ogni tipologia di oggetti presenterà un ingrandimento “ottimale”, sempre in proporzione al diametro dello strumento.
Lo strumento per uso astronomico più semplice è il binocolo: offre un ingrandimento fisso relativamente basso e consente visioni di ampie porzioni di cielo. L’utilizzo a mano libera è tuttavia stancante, di conseguenza praticato solo con modelli piccoli e leggeri. Binocoli di grandi dimensioni consentono ingrandimenti maggiori e visioni più nel dettaglio, tuttavia vanno usati su un treppiede o un apposito supporto orientabile.
Per lavorare ad ingrandimenti maggiori bisogna passare ai telescopi. Un punto va chiarito subito, qualunque sia lo strumento: ingrandire troppo peggiora la situazione… le immagini diventano più scure ed i dettagli più fini finiscono col perdersi, quindi non lasciatevi abbindolare da telescopi (soprattutto economici) che promettono ingrandimenti assurdi.
Il parametro che definisce quanto un telescopio può “ingrandire” è il diametro in millimetri dell’obiettivo . Questo valore è pari al massimo ingrandimento ancora ben godibile sulla maggior parte degli oggetti (ad esempio, 100x per un obiettivo di 10cm di diametro, 200x per uno di 20cm, ecc…), fermo restando che
-oggetti molto brillanti e contrastati (pianeti) potranno giovarsi di ingrandimenti maggiori, ma raramente (se non mai) oltre il doppio di tale valore
-oggetti deboli ed elusivi (nebulose, galassie) si apprezzeranno meglio ad ingrandimenti proporzionalmente inferiori (tra 1/7 e 1/2 di tale valore)
Per variare gli ingrandimenti occorre sostituire il gruppo ottico detto “oculare” che si trova in prossimità dell’occhio. Di norma coi telescopi viene fornito almeno un oculare di caratteristiche mediocri (anche su telescopi di qualità) cui ne andranno affiancati altri… stavolta di qualità congrua al valore dello strumento.
Un corredo di buoni oculari può finire col costare quanto il telescopio stesso, con il vantaggio che in caso di sostituzione dello strumento, per passaggio ad uno di qualità superiore, gli oculari non dovranno essere sostituiti anch’essi. Anche per questo motivo gli oculari “di serie” sono in genere economici (preferendo non gravare, sul costo dello strumento, con un accessorio che nella maggior parte dei casi si rivelerà un doppione).
Non tutti i telescopi consentono visioni a bassi ingrandimenti e largo campo, quindi non tutti sono adatti all’osservazione di oggetti deboli ed estesi (questo a causa di un parametro detto “rapporto focale”, la cui descrizione ci porterebbe a tecnicismi eccessivi), mentre tutti sono più o meno in grado di raggiungere ingrandimenti elevati.
Gli strumenti a lenti o “rifrattori” (privi dell’ostruzione centrale tipica di quelli a specchio, detti “riflettori”) offriranno ad alti ingrandimenti immagini più contrastate, ma questo vantaggio è in parte “compensato” da prezzi molto elevati (la fabbricazione delle lenti è tipicamente più costosa di quella degli specchi poiché richiede vetri di alta qualità e va effettuata su due superfici anziché una).
I telescopi a lenti sono più semplici da utilizzare perché la loro struttura è rigida e le varie parti ottiche non richiedono collimazione. I telescopi a specchio sono sempre collimabili, e le tipologie che prevedono la scomposizione del percorso ottico, per facilitarne la trasportabilità, richiedono un ulteriore impegno per gestire la collimazione ad ogni successivo rimontaggio.
Questo avviene tipicamente per i dobson a tralicci di grandi dimensioni, i cui pesi ed ingombri obbligano ad un completo smontaggio per essere trasportati sotto cieli bui. Un grande diametro mostra di più, ma comporta maggiori complicazioni sia per il trasporto che per la messa in opera.
Alcuni oggetti del cielo profondo si giovano dell’utilizzo di filtri. Non stiamo parlando di filtri colorati, bensì di filtri interferenziali, dotati di trattamenti superficiali molto complessi e costosi. Un buon filtro interferenziale costa da solo quanto un oculare di buona qualità (dalle decine alle centinaia di euro, a seconda della dimensione). Sulla Luna si utilizza a volte un filtro grigio (neutro) per ridurre la notevole quantità di luce che arriva all’occhio.
L’osservazione visuale del Sole è estremamente pericolosa se effettuata in assenza di attrezzature specifiche e di un adeguato bagaglio di conoscenze (la quantità di radiazione raccolta e concentrata dal telescopio, se non adeguatamente filtrata, può facilmente danneggiare la retina e portare alla cecità).
La parte ottica del telescopio (il tubo) richiede un supporto che ne consenta il puntamento, tale supporto prende il nome di “montatura”. Alcune montature sono motorizzate e consentono il puntamento automatico del telescopio (go-to), tuttavia le montature motorizzate finiscono col pesare notevolmente sul costo dello strumento e sulla sua trasportabilità, e non si prestano all’utilizzo visuale con alcuni schemi ottici.
Per l’impiego visuale la miglior soluzione richiede grandi diametri e trasportabilità, ed è attualmente rappresentata dallo schema “dobson”: un telescopio a due specchi (schema “newtoniano”) in grado di ruotare su una semplice base di legno, ed in cui movimentazione e puntamento avvengono tipicamente a mano. Questo schema estremamente essenziale non si presta ad utilizzi diversi dall’osservazione visuale.